IN EGITTO,

lo zafferano veniva usato per tingere le bende delle mummie, le donne egizie lo usavano come abortivo, in Persia come afrodisiaco, pare che Cleopatra usasse lo zafferano per dare un colore dorato alla sua pelle.

La coltivazione, viene fatta risalire al 2.300 a.C. Pare, infatti, che venisse coltivato ad Azupirano, il villaggio che diede i natali a Sargon (il fondatore dell’impero accadico) e il cui nome significherebbe, appunto, città dello zafferano. Una prova ben più consistente della sua coltivazione risale, tuttavia, al 1.700-1.600 a.C.: si tratta di un affresco nel palazzo di Minosse, a Creta, che rappresenta la raccolta del Crocus.

ZAFFERANO NELLA MENSA DEI MONACI

LO ZAFFERANO (crocus sativus), prodotto a San Gavino Monreale e così rinomato a livello nazionale, ebbe una sua rilevanza anche nel corso dei secoli passati. Portato – probabilmente – dai Fenici tra l’VIII e il IX secolo a.C, venne usato pure dai Romani.

Divenuto un prodotto di lusso,

venne forse reintrodotto in Sardegna con il monachesimo greco di matrice Basiliana: questi monaci ne facevano ampio uso, usi che andavano dalla colorazione dei tessuti e dei paramenti sacri, alla liturgia fino all’aspersione degli ambienti.
È possibile però che possano esserci state delle influenze portate dagli Arabi: infatti, il termine sardo tzaffaranu è la derivazione del termine arabo zaafaran, che a sua volta venne italianizzata, diventando poi zafferano.

Ma le prime attestazioni sulla coltivazione dello zafferano a San Gavino si hanno con il XVI secolo: del 1539 è un documento notarile in cui si cita, tra le altre cose […] Io Antonio Etza calzolaio del villaggio di San Gavino […]Quindi dichiaro prometto di dare e pagare una certa quantità in questo modo vale a dire entro il mese di novembre prossimo quattro libbre di zafferano a due ducati per libbra […]. Sempre un documento del notaio Da Silvia riporta il fatto che esistono, nelle campagne del cagliaritano, due impianti a San Gavino.

Verso la fine del XVI secolo, il famoso storico sassarese Giovanni Francesco Fara scriveva: […]praetera abundant insula croco optimo […]interius autem planitiem habet insignem in qua sunt, oppidum sancti gavini, in cuius agro fit optimus crocus […]. In quei secoli, la coltivazione dello zafferano avveniva in quelli che venivano chiamati horts de moly, ovvero degli orti irrigati con acqua dei pozzi tramite mulini azionati con la forza degli animali.

Di questi horts de moly ne abbiamo testimonianza anche nei toponimi, come ad esempio Horts de santa Luxia, Cristolu oppure Pauli boisinseriti nella terras de campu, cioè terreni situati in pianura ed in campo aperto, di ottima fertilità, privi di alberi e colture arboree di qualsiasi tipo, comprese le siepi, adibiti alla coltura dello zafferano.

La produzione continuò per diversi secoli: Max Leopold Wagner scriveva che […] da Sanluri si giunge in circa un’ora a San Gavino, centro principale della coltivazione dello zafferano. Vittorio Angius riportava le seguenti informazioni […] uno dei prodotti particolari di San Gavino è lo zafferano, che lo si coltivò in maggiori quantità che in altre parti del regno, ed è molto stimato nel commercio. Chi produceva lo zafferano era di solito gente possidente, con importanti risorse economiche e finanziarie; si hanno, ad esempio, testimonianze di ricche famiglie, come quelle degli Zonca argentieri, oppure gli Oropho. Chi invece smerciava il prodotto erano le tzaffaranaias, cioè donne di una certa età che acquistavano gli stimmi dai produttori, rivendendoli al minuto sia in paese che nelle grosse città del cagliaritano: la vendita non produceva solamente denaro, ma anche scambi di olio, formaggi, legumi o vino.

Alberto Serra 

LO ZAFFERANO IN SARDEGNA

COPRE IL 66% DELLA PRODUZIONE ITALIANA

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viene coltivato nel Medio Campidano a San Gavino Monreale con 30 ettari coltivati, 200 Kg. di prodotto e 100 produttori. In Sardegna sono coinvolte quasi 200 aziende, che muovono un fatturato di oltre 2 milioni di euro.

Altre informazioni

La Raccolta

avviene nelle prime ore del mattino staccando i fiori delicatamente con un’incisione praticata con l’unghia del pollice sull’indice. Dura circa 15 giorni tra ottobre e novembre.

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La Mondatura

ovvero il fiore viene pulito separando lo stilo dal resto del fiore, cercando di mantenerlo il più intatto possibile e privandolo della parte biancastra.

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L’Essicazione

lo stilo viene messo ad essiccare al sole; poi viene tostato ponendolo sopra una fonte di calore, viene poi messo su di un foglio di carta e sminuzzato fino ad ottenere la polvere.

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